Può essere che sia veramente accaduto
Marzo 2013
Estate 1636: Sacconago mette in fuga le soldataglie Francesi ?
Qui si parla di quando anche i Sacconaghesi, quasi quattro secoli fa, al tempo della Guerra Dei Trent’anni, se la videro con soldataglie francesi e di come queste se la diedero a gambe.
Da un fatto storico saldamente documentato e descritto,con bella e arguta penna, dal bustese Luigi Maino ( “La colonna di S.Gregorio” edita a Milano nel 1958), prendiamo spunto per inventare una storia dove ci mettiamo la gente di Sacconago, che sicuramente fu testimone e partecipe di quegli avvenimenti del 1636 descritti dal Maino.
E, conoscendo i Sinaghini e i loro parroci, c’è da ritenere che la fantasia si avvicini alla realtà.
Era proprio in quel anno che l’esercito del generale francese Enrico duca di Rohan aveva imperversato con le sue truppe in Valtellina. I soldati del duca, dopo averla saccheggiata a dovere, attraversando la Valsassina arrivarono a Lecco.
Rifacevano la strada percorsa 6 anni prima, nel 1630, dai Lanzichenecchi; quelli che portarono la peste, quelli che (memorie manzoniane da riprendere in mano) misero sottosopra l’orto di don Abbondio e di Perpetua.
Sciamarono, dunque, nella pianura e una colonna di quel esercito, tra ruberie e soprusi, apparve nelle nostre contrade. La comandava Charles de Créqui che nella nostra parlata divenne ul generál Chirichì.
Il Chirichì, dicono le cronache, se lo videro in casa quelli di Ferno, Cardano, Samarate, Verghera, Magnago e Bienate. E noi aggiungiamo Sacconago, perché tendendo verso Busto doveva necessariamente passare dal nostro paese.
Gli uomini di questi borghi si armarono come potettero e, con le famiglie terrorizzate ripararono in massa a Busto, unico luogo dove, con il fosso e il terrapieno attorno, si riteneva di porre difesa e resistenza.
A questo punto si innesta quello che “ Può essere che sia veramente accaduto”
Sacconago, trovatasi davanti ai francesi, indifesa perché fuori dal fossato e dal terrapieno, mandò a Busto, già rigurgitante di fuggiaschi, le sue donne e suoi bambini; gli uomini rimasero. Rimasero perché il parroco Grespi Giovanni Antonio aveva preso una decisione.
Da 10 anni (dal 1626) stava a Sacconago. Non aveva mai abbandonato le sue anime nella peste di 6 anni prima e mai l’avrebbe fatto ora.
Radunò gli uomini in chiesa; davanti all’altare li radunò. Quando li ebbe di fronte alzò le braccia, allargò il gesto in cerchio verso i dipinti sulle pareti e sulla volta e disse:
Estate 1636: Sacconago mette in fuga le soldataglie Francesi ?
Qui si parla di quando anche i Sacconaghesi, quasi quattro secoli fa, al tempo della Guerra Dei Trent’anni, se la videro con soldataglie francesi e di come queste se la diedero a gambe.
Da un fatto storico saldamente documentato e descritto,con bella e arguta penna, dal bustese Luigi Maino ( “La colonna di S.Gregorio” edita a Milano nel 1958), prendiamo spunto per inventare una storia dove ci mettiamo la gente di Sacconago, che sicuramente fu testimone e partecipe di quegli avvenimenti del 1636 descritti dal Maino.
E, conoscendo i Sinaghini e i loro parroci, c’è da ritenere che la fantasia si avvicini alla realtà.
Era proprio in quel anno che l’esercito del generale francese Enrico duca di Rohan aveva imperversato con le sue truppe in Valtellina. I soldati del duca, dopo averla saccheggiata a dovere, attraversando la Valsassina arrivarono a Lecco.
Rifacevano la strada percorsa 6 anni prima, nel 1630, dai Lanzichenecchi; quelli che portarono la peste, quelli che (memorie manzoniane da riprendere in mano) misero sottosopra l’orto di don Abbondio e di Perpetua.
Sciamarono, dunque, nella pianura e una colonna di quel esercito, tra ruberie e soprusi, apparve nelle nostre contrade. La comandava Charles de Créqui che nella nostra parlata divenne ul generál Chirichì.
Il Chirichì, dicono le cronache, se lo videro in casa quelli di Ferno, Cardano, Samarate, Verghera, Magnago e Bienate. E noi aggiungiamo Sacconago, perché tendendo verso Busto doveva necessariamente passare dal nostro paese.
Gli uomini di questi borghi si armarono come potettero e, con le famiglie terrorizzate ripararono in massa a Busto, unico luogo dove, con il fosso e il terrapieno attorno, si riteneva di porre difesa e resistenza.
A questo punto si innesta quello che “ Può essere che sia veramente accaduto”
Sacconago, trovatasi davanti ai francesi, indifesa perché fuori dal fossato e dal terrapieno, mandò a Busto, già rigurgitante di fuggiaschi, le sue donne e suoi bambini; gli uomini rimasero. Rimasero perché il parroco Grespi Giovanni Antonio aveva preso una decisione.
Da 10 anni (dal 1626) stava a Sacconago. Non aveva mai abbandonato le sue anime nella peste di 6 anni prima e mai l’avrebbe fatto ora.
Radunò gli uomini in chiesa; davanti all’altare li radunò. Quando li ebbe di fronte alzò le braccia, allargò il gesto in cerchio verso i dipinti sulle pareti e sulla volta e disse:
“Osservate, gente, sono con noi i Santi Gregorio e Ambrogio, i Santi Pietro e Paolo, San Francesco e San Gerolamo, il Santo Re Davide, i quattro Evangelisti e Santa Caterina di Alessandria. Di chi avremo paura? " Gli uomini di Sacconago imbracciarono le croci e alzarono gli stendardi.
Il parroco tolse dal tabernacolo della cappella di sinistra la reliquia della Beata Vergine e intonò: “Maria mater gratiae” Si mossero cantando tutti: “Tu nos ab hoste protege…"
La processione orante e disarmata arrivò alla chiesetta di San Donato dove bivaccava la soldataglia sacrilega del Chirichì. Intanto il parroco andava cercando nella mente le parole ferme ma pure di pietà e misericordia per indurre a ragione i malvagi. Sulla soglia si arrestò, vide dentro lo scempio della sua chiesetta e dimenticò ogni atteggiamento persuasivo.
Entrò d’impeto, alzò la reliquia, alzò possente anche la voce e : “Uscite e allontanatevi da qui e da questo paese!” Aggiunse parole che neanche gli sembravano sue: “Su questo sacro oratorio incombe la profezia di Malachia” (si riferiva al santo monaco irlandese). e inventandola al momento tuonò.
Improvvise, senza un segnale concordato, a Busto le campane di San Michele, San Giovanni e Santa Maria si sciolsero a dare rintocchi festosi nella calura di quel luglio del 1636.
Quelli del Chirichì se la davano a gambe rincorsi dagli archibugieri bustesi e dai forconi, dalle falci, badili, coltelli, sassate e i “Föa di ball !!” in coro.
A noi andò bene , ma a quelli di Magnago, Sant’Antonino, Ferno, Casenuove, Verghera e Gallarate purtroppo nò. I Francesi si ritirarono bruciando e razziando fino a Tornavento dove guadarono il Ticino.
Qui finisce il racconto. Ma devo aggiungere una cosa che un poco mi inquieta.
Nel 1889 viene a Sacconago un nuovo parroco. Il mattino della sua entrata si ferma nella chiesetta di San Donato per indossare i paramenti prima di avviarsi alla Chiesa Vecchia. E, al dire dei nostri vecchi, indugiò parecchio in preghiera. Quel parroco si chiama Ludovico Malachia.
. Il parroco Malachia è morto qui a Sacconago nel 1903. Nessuno sa dove si trova la sua tomba… Amici, forse ci sta sfiorando l’ala del mistero? E ancora più mi preoccupo perché in agosto andremo in Irlanda dove visse il Malachia evocato da un vecchio parroco di Sacconago. Avrà da dirci qualcosa?
Il parroco tolse dal tabernacolo della cappella di sinistra la reliquia della Beata Vergine e intonò: “Maria mater gratiae” Si mossero cantando tutti: “Tu nos ab hoste protege…"
La processione orante e disarmata arrivò alla chiesetta di San Donato dove bivaccava la soldataglia sacrilega del Chirichì. Intanto il parroco andava cercando nella mente le parole ferme ma pure di pietà e misericordia per indurre a ragione i malvagi. Sulla soglia si arrestò, vide dentro lo scempio della sua chiesetta e dimenticò ogni atteggiamento persuasivo.
Entrò d’impeto, alzò la reliquia, alzò possente anche la voce e : “Uscite e allontanatevi da qui e da questo paese!” Aggiunse parole che neanche gli sembravano sue: “Su questo sacro oratorio incombe la profezia di Malachia” (si riferiva al santo monaco irlandese). e inventandola al momento tuonò.
“Sarà maledetto e all’inferno condannato
chi profana la chiesa di San Donato!!!”
Improvvise, senza un segnale concordato, a Busto le campane di San Michele, San Giovanni e Santa Maria si sciolsero a dare rintocchi festosi nella calura di quel luglio del 1636.
Quelli del Chirichì se la davano a gambe rincorsi dagli archibugieri bustesi e dai forconi, dalle falci, badili, coltelli, sassate e i “Föa di ball !!” in coro.
A noi andò bene , ma a quelli di Magnago, Sant’Antonino, Ferno, Casenuove, Verghera e Gallarate purtroppo nò. I Francesi si ritirarono bruciando e razziando fino a Tornavento dove guadarono il Ticino.
Qui finisce il racconto. Ma devo aggiungere una cosa che un poco mi inquieta.
Nel 1889 viene a Sacconago un nuovo parroco. Il mattino della sua entrata si ferma nella chiesetta di San Donato per indossare i paramenti prima di avviarsi alla Chiesa Vecchia. E, al dire dei nostri vecchi, indugiò parecchio in preghiera. Quel parroco si chiama Ludovico Malachia.
. Il parroco Malachia è morto qui a Sacconago nel 1903. Nessuno sa dove si trova la sua tomba… Amici, forse ci sta sfiorando l’ala del mistero? E ancora più mi preoccupo perché in agosto andremo in Irlanda dove visse il Malachia evocato da un vecchio parroco di Sacconago. Avrà da dirci qualcosa?
Da: Ginetto Grilli, su "Canto novo di Sacconago"