Anni '50 a Sacconago: il cinema Lux
Una foto scattata al Teatro Lux nel 1950
Tanto per ricordare “momenti di gloria” e menarne vanto sinaghino...
Guardo una fotografia di 62 anni fa e vedo un giovane direttore d’orchestra che sul proscenio del Lux di Sacconago, a sipario aperto, si inchina a ringraziare il pubblico. Ha diretto la Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti: è Luciano Berio, è fresco di conservatorio e si fa le ossa per una carriera che lo porterà tra i grandi della musica d’avanguardia del secondo Novecento. Diventerà famoso e venti anni dopo, in una conferenza tenuta a Chicago si ricorderà di “questa avventurosa esperienza sinaghina”
Gli sono accanto la giovanissima soprano Maria Luisa Giorgetti (splendido e delicato fraseggio), la già celebre mezzosoprano Cathi Barberian, il giovanissimo tenore Pier Miranda Ferraro (arriverà a cantare alla Scala da protagonista), il basso Ferrini (grande voce, passerà anche lui alla Scala), il baritono (anche lui giovane ma non nuovo alle scene) Silvio Cagnoni di Sacconago. Tutti giovani artisti con esperienze nella stagione lirica estiva al Teatro Nuovo di Milano
Silvio Cagnoni che, riporto da una recensione di allora, “ha affrontato il pubblico dei suoi concittadini riscuotendo entusiastici applausi e consensi, e non solo per simpatia”
Pure le meravigliose scene dei quattro atti sono del sacconaghese Alberto Caccia.
Riporto ancora dalla citata recensione: “Ma quello che più ha impressionato è stata la massa corale: un complesso di cinquanta coristi ha dato all’opera una grandiosità che di rado si può vedere nei teatri di provincia.L’impegno, la perfetta intonazione con cui il coro cantava ha entusiasmato il pubblico in modo particolare”.
Già, la massa corale. E allora sappiamone di più. Dal Bollettino Parrocchiale di Sacconago del dicembre 1950: “Da quasi un anno la Corale S. Cecilia preparava i cori della Lucia Lammermoor quando il concittadino Silvio Cagnoni fece una proposta lontana.
Ora il lungo lavoro è finito con vivo successo nella rappresentazione del 29 ottobre. Per i cantori fu occasione di ottima istruzione musicale, imprimendo nella mente i ricchi motivi di quella musica bellissima sotto la guida del sig. Angelo Grilli che ha dato prova di rara costanza e da ultimo sotto la direzione del Maestro concertatore Luciano Berio, che ha dato una perfetta quadratura ritmica…(ecc)”. E ancora: “Il pubblico sceltissimo ha gustato una delle più grandi soddisfazioni alla rappresentazione della “Lucia”: a confessione generale è stata una delle migliori opere date nella zona a memoria d’uomo; per i cantanti, per la scenografia, per la massa corale, per il complesso orchestrale”
Tanto per ricordare “momenti di gloria” e menarne vanto sinaghino...
Guardo una fotografia di 62 anni fa e vedo un giovane direttore d’orchestra che sul proscenio del Lux di Sacconago, a sipario aperto, si inchina a ringraziare il pubblico. Ha diretto la Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti: è Luciano Berio, è fresco di conservatorio e si fa le ossa per una carriera che lo porterà tra i grandi della musica d’avanguardia del secondo Novecento. Diventerà famoso e venti anni dopo, in una conferenza tenuta a Chicago si ricorderà di “questa avventurosa esperienza sinaghina”
Gli sono accanto la giovanissima soprano Maria Luisa Giorgetti (splendido e delicato fraseggio), la già celebre mezzosoprano Cathi Barberian, il giovanissimo tenore Pier Miranda Ferraro (arriverà a cantare alla Scala da protagonista), il basso Ferrini (grande voce, passerà anche lui alla Scala), il baritono (anche lui giovane ma non nuovo alle scene) Silvio Cagnoni di Sacconago. Tutti giovani artisti con esperienze nella stagione lirica estiva al Teatro Nuovo di Milano
Silvio Cagnoni che, riporto da una recensione di allora, “ha affrontato il pubblico dei suoi concittadini riscuotendo entusiastici applausi e consensi, e non solo per simpatia”
Pure le meravigliose scene dei quattro atti sono del sacconaghese Alberto Caccia.
Riporto ancora dalla citata recensione: “Ma quello che più ha impressionato è stata la massa corale: un complesso di cinquanta coristi ha dato all’opera una grandiosità che di rado si può vedere nei teatri di provincia.L’impegno, la perfetta intonazione con cui il coro cantava ha entusiasmato il pubblico in modo particolare”.
Già, la massa corale. E allora sappiamone di più. Dal Bollettino Parrocchiale di Sacconago del dicembre 1950: “Da quasi un anno la Corale S. Cecilia preparava i cori della Lucia Lammermoor quando il concittadino Silvio Cagnoni fece una proposta lontana.
Ora il lungo lavoro è finito con vivo successo nella rappresentazione del 29 ottobre. Per i cantori fu occasione di ottima istruzione musicale, imprimendo nella mente i ricchi motivi di quella musica bellissima sotto la guida del sig. Angelo Grilli che ha dato prova di rara costanza e da ultimo sotto la direzione del Maestro concertatore Luciano Berio, che ha dato una perfetta quadratura ritmica…(ecc)”. E ancora: “Il pubblico sceltissimo ha gustato una delle più grandi soddisfazioni alla rappresentazione della “Lucia”: a confessione generale è stata una delle migliori opere date nella zona a memoria d’uomo; per i cantanti, per la scenografia, per la massa corale, per il complesso orchestrale”
Dal 1950 al 1961 furono messe in scena otto opere a Sacconago:
- Elisir d’Amore - Lucia di Lammermoor - Rigoletto (ancora con la Giorgetti. Silvio Cagnoni e Pier Mirando Ferraro) - La Traviata - Tosca - Il Trovatore - Madama Butterfly - Un altro “Rigoletto”. E questo con il baritono sacconaghese Alberto Cerutti.
Cerutti cantò ancora un “Rigoletto” nel 1956 e una “Traviata” nel 1958 al Teatro Sociale.
Un po’ meno disinvolto del Cagnoni sulla scena ma con voce di gran lunga più possente, con maggiore estensione nei toni alti, bella a sentirsi l’Alberto Cerutti non ebbe, purtroppo, modo di darsi un’istruzione musicale di base sia teorica che strumentale. Non poté fare il grande passo e si accontentò. Queste due glorie locali della lirica mi furono amici. Per breve tempo il Silvio( andai a presentare un suo concerto Verdiano all’Isituto Gonzaga di Milano), per una vita l’Alberto che cantò al mio matrimonio. Mi è caro il ricordo perché mi fu compagno anche di giovanili stravaganze musicali.
Faccio una divagazione su alcuni “svarioni” negli spettacoli lirici fuori dai grandi teatri.
In provincia arrivavano cantanti a fine carriera o alle prime armi. Ricordo di aver visto, non sono certo se a Busto o a Sacconago, ma probabilmente da noi, una “Boheme” con la Pagliughi, soprano leggero di grande fama e bravura. La grande artista, che resisteva bene al tramonto, aveva qualche annetto e pure qualche chilo di troppo. (Chiedo scusa della scortesia a una signora ) E ora stava sulla scena a interpretare una Mimì ragazza morente esangue e consumata.
Mezzo distesa sul lettuccio (rinforzato!?) lei, florida donna di 90 chili, tirava gli ultimi sospiri da un possente seno un po’ in vista. Roba da spezzare il cuore. Il povero Rodolfo (ma beato lui!) gli singhiozzava su e in sala si sentiva qualche risatina…
Cerutti cantò ancora un “Rigoletto” nel 1956 e una “Traviata” nel 1958 al Teatro Sociale.
Un po’ meno disinvolto del Cagnoni sulla scena ma con voce di gran lunga più possente, con maggiore estensione nei toni alti, bella a sentirsi l’Alberto Cerutti non ebbe, purtroppo, modo di darsi un’istruzione musicale di base sia teorica che strumentale. Non poté fare il grande passo e si accontentò. Queste due glorie locali della lirica mi furono amici. Per breve tempo il Silvio( andai a presentare un suo concerto Verdiano all’Isituto Gonzaga di Milano), per una vita l’Alberto che cantò al mio matrimonio. Mi è caro il ricordo perché mi fu compagno anche di giovanili stravaganze musicali.
Faccio una divagazione su alcuni “svarioni” negli spettacoli lirici fuori dai grandi teatri.
In provincia arrivavano cantanti a fine carriera o alle prime armi. Ricordo di aver visto, non sono certo se a Busto o a Sacconago, ma probabilmente da noi, una “Boheme” con la Pagliughi, soprano leggero di grande fama e bravura. La grande artista, che resisteva bene al tramonto, aveva qualche annetto e pure qualche chilo di troppo. (Chiedo scusa della scortesia a una signora ) E ora stava sulla scena a interpretare una Mimì ragazza morente esangue e consumata.
Mezzo distesa sul lettuccio (rinforzato!?) lei, florida donna di 90 chili, tirava gli ultimi sospiri da un possente seno un po’ in vista. Roba da spezzare il cuore. Il povero Rodolfo (ma beato lui!) gli singhiozzava su e in sala si sentiva qualche risatina…
Da: Ginetto Grilli, su "Canto novo di Sacconago"
data pubblicazione: 15 marzo 2015