Cronache di vita quotidiana a Sacconago nel 1500

La "Marialonga" di Sacconago



A Sacconago il piccone demolitore ultimamente ha picchiato forte. La ruspa ha fatto grossi bocconi di un lato della via XI Febbraio. Quando vi nacquero certi nostri padri e nonni era via XX Settembre; prima ancora, ai tempi dell’ Imperial Regio Governo Austro Ungarico, era detta Corsia per Borghetto (ossia per Brughetto n.dr).
Alle numerose corti, pién da Sinaghiti, si accedeva da un paio di portoni spalancati giorno e notte e dalle tante portine allineate sulle via, tutte con gradino a discendere. Erano gli ingressi ad un piccolo mondo di altrettanti cortili, cortiletti, brevi slarghi comunicanti per ande, portine e cancelletti che chiudevano magri orticelli. Erano cortili con ballatoi, ringhiere, scale di legno dalle assi sconnesse, fienili paradisi di gatti e topi. Luoghi dove ferveva la vita a stretto contatto col pollame, dove piramidi di letame ben accatastato fumavano eternamente, ombreggiate da gelsi annosi o da fichi contorti.
Le stalle, sempre buie, non avevano usci alle porte ne vetri alle finestre ma vi pendevano pesanti bisacce (bisachi e bisachiti) ; dall' interno venivano muggiti ad ogni passo che le bestie avvertivano.
In uno di questi cortili, in locali di un certo tono a confronto di tutta la povertà circostante viveva, rispettata da tutti, la signora Maria Vignati, detta Marialonga, perché di notevole statura e prestanza fisica.
Viveva lì da quando era nata nel 1887 essendo sindaco del comune di Sacconago il Sig. Amedeo Ballarati. Di mestiere faceva la "mercante in casa" (la vendéa in cà).
Donna intraprendente, spigliata, di parlantina facile e convincente, si faceva carico di procurare la dote (a Schirpa) alle spose che così, per Suo interessamento, si toglievano il pensiero.
Andava a Gallarate col tram; qui aveva un giro di fornitori grossisti dai quali tornava con tutto quello che poteva occorrere ad una sposa : dalle scarpe al velo. Ma anche di che riempire “ul cumò”: salviette, camicie per il giorno e la notte, calze di cotone e di seta, lenzuola e “fuderèti, sutanìti e gipunìti”.
Avrebbero poi pagato un poco per volta; incominciassero a sposarsi e poi...
E Poi capitava che con figli già grandicelli avessero ancora debiti con la Marlialonga. Ma lei pazientava e non di rado “ci tirava su una riga".
Nell’immediato dopoguerra, già avanti con gli anni, si era messa a commerciare legna e carbone. Lei stessa, robusta come era, spalava, riempiva le ceste e le maneggiava con facilità. Vendeva la carbonella che produceva suo figlio “ul Giuan furnè”, che conduceva un vecchio forno pubblico del tempo di Cecco Beppe, a ridosso del campanile della chiesa Vecchia. (nota 1) Forno andato distrutto con altri pezzi di storia sinaghina.
Fortunati quelli, e ce ne sono ancora tanti, che possono dire di aver gustato tutta la fragranza di quei pani appena sfornati. Ci sei presente, vecchio forno, antico locale col soffitto nero di fuliggine, bianco di farina, il pavimento e, un po’ pettegole e linguacciute, alcune sinaghine con le maniche rimboccate e i grembiuli ripiegati in vita ?
La Marialonga, tanto viva nella mia memoria giovanile, vendette alla mia zia Amalia una bellissima sottana di lana; la vendette per pochi soldi perché c’era un misero e invisibile buchino di tarma che conosceva solo lei. Nessuno se ne sarebbe accorto, ma lei n on volle fare la furba perché era onesta e perché la zia Amalia era povera e sola.
La Marialonga e’ morta 53 anni fa.
CI sono ancora, e possono testimoniare, un suo nipote ad Arconate ed una pronipote a Busto che ne tengono vivo il ricordo riconoscente: quante lezioni di vita proba e onesta ci danno queste care persone. Finito di scrivere sapete cosa penso di questa nostra gente ? che tutto il loro vivere da buoni cristiani si muoveva attorno alla nostra chiesa vecchia. (ed ecco che ci risiamo con le nostalgie…)

Ginetto Grilli

(nota1). Il personaggio in questione è lo stesso che potrete trovare in una delle memorie di Gino (puntata 7). Lo trovate cliccando qui. Enrico

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