Il significato della Giöbia




Una tradizione di gennaio che dura da molti secoli mette in moto tutto l'Alto Milanese, l'ultimo giovedì: è la festa della Giöbia. Questa celebrazione, che scende da ricordi ancestrali, si colloca nel momento in cui la campagna, giunta al colmo dell'inverno, nei suoi giorni più rigidi, offre al contadino l'opportunità, nel riposo delle colture e nel forzato ozio, di dare sfogo alla fantasia, che è sempre fantasia rievocativa e propiziatrice.
Chiusi al tepore di un ricovero, nella monotonia dell'inverno, e nell'attesa di un ritorno al sole e alla vita, nascono sempre, assieme alle speranze, anche oscuri timori: di streghe, di spiriti vaganti, di un malefico influsso di astri e costellazioni per il nuovo anno (e si guarda sospettosi al cielo ammantato di grigio), di un immaginario artefice di possibili sciagure, che deve essere distrutto in tempo, così da ridare al contadino la tranquillità per il nuovo raccolto.
Nasce da qui l'esigenza, pressochè inconscia, di festosi riti propiziatori che mescolano antichi sentori e credenze pagane con nuovi insegnamenti Cristiani, fra cui deve esser menzionata l'eterna lotta fra il bene, propiziato dalla preghiera, ed il male rappresentato dal Demonio o dalle streghe. Quando divenne illecito o disdicevole bruciare nel rogo le presunte streghe (tristi ricordi delle buie pagine della inquisizione), le si sostituì con dei fantocci che, in qualche modo, ricordassero quel rito collettivo crudele ma propiziatorio, quello sfogo, quella liberazione simbolica delle ansie.
Poichè, però, il fantoccio - da solo - non appare sufficiente a liberare il mondo dalle ansie, dai mali, dalle paure, occorre accompagnarlo con riti adatti.
Non si prega tanto, alla Giöbia. Invece si festeggia, si respira l'incantevole profumo del risotto con la salsiccia.
Il fuoco, che riscalda e purifica, ricorda le quotidiane esigenze per l'inverno, che è freddo e portatore di malanni.
Il risotto, ricorda invece l'opulenza estiva, ove il cibo abbonda (o, forse, meglio dire, è meno scarso!), e le messi estive forniscono la speranza per un futuro ancora ... non diremo sereno, ma quantomeno non terribile.
Ecco, dunque, che al fuoco sacro, che brucia la "strega", si associa anche il simposio, la cena con riso e salsicce (quantomai pregiate, nei tempi andati), e ci si prepara fiduciosi ad una nuova stagione agricola: già a febbraio si posson mettere in moto i meccanismi agrari, ed il calore del falò collettivo propizierà la imminente fine dell'inverno più duro !
Guardiamo - dunque - questo falò con gli occhi incantati di una società-bambina, pronta ad aggrapparsi a simboli rassicuranti, come il bambino che, pauroso del buio, si aggrappa al proprio pupazzo nel letto, certo che, da quell'abbraccio, ne deriverà un sicuro rifugio dai pericoli del mondo.

Scritto da Enrico Candiani
su libera ispirazione tratta da composizioni di Bruno Grampa