Proverbi del mese di gennaio

Tratto da: I principali proverbi relativi all’agricoltura (Comune di Samarate 2005)

Gennajo polverajo empie il granajo.

Polvere di Gennajo carica il solaio.

Gennajo secco, lo villan ricco.

Gennajo mite, primavera tarda.

Guardati dalla primavera di Gennajo.

Gennajo caldo, Dio ci abbia misericordia.

Gennajo bagnato, primavera asciutta.

Pioggia in Gennajo, freddo a Maggio.

Marzo in Gennajo, fa Gennajo in Marzo.

In Gennajo sali il monte, se vedi verde piangi, se bianco o nudo il terreno, canta.

Quando la neve s’inverna sul piano, vale più il sacco, che non valga il grano.


Tutti questi proverbi, come parecchi altri consimili, che stimo inutile riportare, significano che l’esperienza ha mostrato e confermato che il gennajo mite o piovoso non è punto favorevole alla vegetazione, poiché il caldo e l’umido fan muovere gli umori massime ne’ cereali o in altre piante, e inturgidir le gemme: ma tale precoce risveglio di vita attiva non può durare, essendoché il freddo che quasi costantemente sopraggiunge nel febbrajo e nel marzo, arrestano il moto degli umori, e le piante grandemente ne soffrono.
Quando invece in gennajo la terra rimane coperta di neve oppure sia asciutta, non avviene alcun movimento negli umori de’ vegetali e allora v’ha fondata speranza che le cose procedono regolarmente. Da ciò il proverbio già riportato: sotto la neve pane, sotto pioggia fame. E infatti quegli anni memorandi, nei quali la terra rimase a lungo coperta di neve, furono memorabili anche per la straordinaria abbondanza di grani come avvenne nel verno del 1570-71, in cui la neve alta più di tre braccia milanesi (M. 1,80) durò per tre mesi, e la raccolta dei grani fu quell’anno (1571) tanto abbondante, quanto fosse stata mai per l’addietro a memoria di uomini con meraviglia universale.
Gli ultimi giorni di gennajo, detti comunemente i dì della merla, sono di solito, non però costantemente, assai più miti degli altri giorni dello stesso mese, e qualche anno anche di quelli della prima quindicina del seguente. Ora in questi giorni rallegrati quasi sempre dal sole, e relativamente caldetti, i pannolini uscita dal bucato si asciugano al sole senza bisogno del fuoco, e con risparmio di spese e di brighe per la lavandaja. Da ciò nacque il proverbio:
Nei dì della merla la lavandaja ride.

Ercole Ferrario


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