Gli ultimi incarichi: Taranto, Civitavecchia, Napoli

Cimici, Vesuvio e grandi disastri
Proseguendo il viaggio di “rientro” con molti mezzi di fortuna, sono giunto a Taranto dove mi attendeva un rimpiazzo su un dragamine a Civitavecchia. Per via treni e con tante difficoltà, arrivo a destinazione, ma prima di presentarmi a bordo scatta un allarme e subito dopo il bombardamento.
Vado a vedere: i danni in genere non furono molti, ma il mezzo in cui ero destinato venne parzialmente colpito e necessitava un periodo di cantiere un po’ lungo per ripristinarlo, e i responsabili della Capitaneria (per via telefono) mi hanno assegnato una nuova destinazione vicino a Napoli, in un piccolo cantiere a Santa Maria la Bruna, dove quest’altro mezzo di dragaggio aveva quasi ultimato i lavori.
Arrivo a questa nuova destinazione, e fatta conoscenza col nuovo equipaggio, la sera vado in branda a dormire, ma appena spento la luce sento degli impercettibili rumori, come goccioline di pioggia.
Accendo la luce e mi trovo invaso da centinaia di cimici; salto fuori in coperta mi svesto e sbatto tutta la mia roba con molta energia allo scopo di liberarmi di queste indesiderata compagnia; per alcune notti ho dormito sopra coperta, però mi è rimasto un buon ricordo perché il Vesuvio era già in eruzione e seguivo tutte le sue sbuffate di lava che scendevano dai pendii della montagna.
In quei giorni, (dietro mia insistenza) abbiamo fatto una particolare disinfestazione di fumogeni all’interno, chiudendo tutti i boccaporti per un giorno intero, sperando alla distruzione totale delle cimici.


Qualche giorno dopo aver rimesso in mare il nostro mezzo, ci siamo diretti alla vicina Napoli onde approvvigionarsi del necessario compreso i viveri, al deposito adiacente al castello, passando al largo della decantata “Zi Teresa”; la nostra nave era ancorata in porto e noi siamo scesi per queste provviste, ma non è mancato l’allarme e il bombardamento, io sono entrato sotto al castello perché cerano tre piani di grosse mura, ma le bombe avevano centrato anche il castello, ché, a un bel momento, dal buio vedo la luce.
La circostanza mi impone di mettermi nell’angolo meno pericolante sotto un grosso tavolo, ma il fatto ancor più strano che mi sono sentito appiccicato al collo le braccia di una ragazza di Sorrento e che non ero capace di staccarmene.
In quel grande localone eravamo dentro forse una trentina che, all’avvenuta calma, abbiamo tentato di uscire, ma non fu possibile, perché gli accessi erano ostruiti da rottami e calcinacci. Impiegammo quasi un’oretta per procurarci un varco, ma la ragazza non mi voleva lasciare.
Eravamo fuori da poco e stavo osservando i disastri, quando volsi lo sguardo ad un grosso condominio proprio al di là della strada, dove la gente incominciava ad entrare per verificare i propri danni; ed ecco vidi questa grossa costruzione afflosciarsi completamente a terra; non so quanta gente sia rimasta sotto.

Gino Candiani


Episodio precedente - Episodio successivo

Indice delle memorie di Gino