Anche a Busto si vola - di Carlo Azimonti

«Anca a Bùsti sa vùla» (Anche a Busto si vola)

Tratto da: «Anca a Bùsti sa vùla»-Notiziario Città di Busto Arsizio, 17 ottobre 1998

«Anca a Bùsti sa vùla» (1), o meglio si volava.
Corre l’anno 1913 e proprio a Busto Arsizio viene dislocata una squadriglia di apparecchi facenti parte del Battaglione Aviatori dell’Esercito. Sull’aerea occupata attualmente dalla caserma «Ugo Mara» il comune di Busto Arsizio, fin dai primi mesi di quell’anno, ha infatti provveduto ad accollarsi buona parte delle spese per impiantare un campo d’aviazione.
Vengono eseguiti lavori per il disboscamento e livellamento del terreno, costruite palazzine per i militari e una grande hangar per il ricovero e la riparazione degli apparecchi.
Dall’agosto del 1913 tutto è pronto così che uomini e mezzi della V Squadriglia iniziano a giungere su questo campo al comando del tenente Leopoldo De Rada.
Ne fanno parte, oltre al De Rada, anche i piloti ten. Giulio Palma di Cesnola, Filippo di Santa Rosa, Filippo Valdimiro ed il futuro «asso» dell’aviazione italiana Francesco Baracca.


Leopolodo Derada, eroe della guerra di Libia

Nell’agosto 1914, con lo scoppio del Primo Conflitto Mondiale, la V Squadriglia è trasferita a Pordenone mentre Busto Arsizio diviene un campo scuola di pilotaggio dove imparano a volare centinaia di allievi piloti fino alla sua chiusura avvenuta alla fine del 1918.
Proprio quell’anno vola l’aeropittore futurista Fedele Azari che su questo campo esegue le prime acrobazie aeree anticipatrici di una nuova forma artistica della «Teatro Aerofuturista».
In seguito il campo d’aviazione di Busto Arsizio diviene un campo d’internamento per accogliere i prigionieri ceco-slovacchi e successivamente un deposito militare.


Vecchio campo d’aviazione militare di Busto Arsizio (settembre 1913) – vista panoramica dell’hangar e della palazzina comando



La palazzina comando, unico edificio ancora esistente di questo campo

Alberto Grampa

(1) Da purista bustocco, debbo dire che il titolo è... errato. In lingua bustocca esiste un verbo specifico per volare, senza che si debba usare il neologismo italianofilo "volare". Il verbo bustocco è: "Sguá". Il titolo dunque dovrebbe essere: Anca a Büsti a sa sgúa.
Enrico Candiani