Soprannomi Bustocchi: storia di un sopruso !
Memorie di un Bustocco 1956
Immaginate, con tanti omonimi, che cosa accadeva nel 1900, quando l’immigrazione era minimissima. Quanti equivoci e quale confusione!
Al principio del secolo scorso, Pierino Comotti, dirigente tessile di grande valore volle provare l’emozione di salire nel cielo con un aerostato. Discese in un campo vicino alla Cascina dei Poveri.
A coloro che erano accorsi per aiutarlo a disincagliarsi chiese come si chiamavano.
Risposero con un urlo: “Sem tütt Galòzi” (siamo tutti Gallazzi).
Negli stabilimenti, a cagione delle omonimie, ne accadevano di tutti i colori. Ne chiamavi uno, e se ne presentavano dieci, i presenti venivano scambiati con gli assenti, le multe di uno venivano segnate ad un altro e così pure le ore di straordinario.
Qui bisogna trovare un rimedio, disse il Pastorello (Lualdi) che aveva uno stabilimento di preparazione in via dei Mille.
Trovato dissero i capi-reparto: ribattezziamo i nostri operai con un nome diverso l’uno dall’altro!
Detto fatto. Ecco i vari nomignoli ad essi affibbiati: Saèta, Bravalei, Scighea, Menafregiu, Geà, Palton.
Vurcelasciu, Scigueton, Curbatu, Parüscia, Sturnèl, Mèrlu, Quaia, Gagia, Strigazotu, Cucù, Ucon, Pulon, Piion, Capon da pendizi, Marsinen.
Legua, Ghezu, Liserton, Raton, Cagnasciu, Gaton, Camel, Luasciu, Murigeu, Bruchen.
Balanzon, Gossu, Uegiatu, Stortacol, Ranzon, Gheubu, Nason, Niagiatu, Dencion, Negron, Corussu, Tartaia, Sciabal, Müselon, Sbièsu, Pataoncia, Peaon, Zilen, Tuscen, Canèla, Soca, Pedèla, Moniga, Selvascia, Bartula, Patan.
Immaginate, con tanti omonimi, che cosa accadeva nel 1900, quando l’immigrazione era minimissima. Quanti equivoci e quale confusione!
Al principio del secolo scorso, Pierino Comotti, dirigente tessile di grande valore volle provare l’emozione di salire nel cielo con un aerostato. Discese in un campo vicino alla Cascina dei Poveri.
A coloro che erano accorsi per aiutarlo a disincagliarsi chiese come si chiamavano.
Risposero con un urlo: “Sem tütt Galòzi” (siamo tutti Gallazzi).
Negli stabilimenti, a cagione delle omonimie, ne accadevano di tutti i colori. Ne chiamavi uno, e se ne presentavano dieci, i presenti venivano scambiati con gli assenti, le multe di uno venivano segnate ad un altro e così pure le ore di straordinario.
Qui bisogna trovare un rimedio, disse il Pastorello (Lualdi) che aveva uno stabilimento di preparazione in via dei Mille.
Trovato dissero i capi-reparto: ribattezziamo i nostri operai con un nome diverso l’uno dall’altro!
Detto fatto. Ecco i vari nomignoli ad essi affibbiati: Saèta, Bravalei, Scighea, Menafregiu, Geà, Palton.
Vurcelasciu, Scigueton, Curbatu, Parüscia, Sturnèl, Mèrlu, Quaia, Gagia, Strigazotu, Cucù, Ucon, Pulon, Piion, Capon da pendizi, Marsinen.
Legua, Ghezu, Liserton, Raton, Cagnasciu, Gaton, Camel, Luasciu, Murigeu, Bruchen.
Balanzon, Gossu, Uegiatu, Stortacol, Ranzon, Gheubu, Nason, Niagiatu, Dencion, Negron, Corussu, Tartaia, Sciabal, Müselon, Sbièsu, Pataoncia, Peaon, Zilen, Tuscen, Canèla, Soca, Pedèla, Moniga, Selvascia, Bartula, Patan.
Zapèla, Papuzu, Grisceta, Bargnifu, Taèla, Caricei, Magrascèna, Pacion, Pucia, Fèssa, Tunèla, Turèla, Precotu.
Alle donne vennero appioppati questi altri nomignoli.
Spurgenza, Panscieta, Ciapona, Chichina mustasa, Pulpeta, Garascieua, Lapèta, Ugiona, Zimèla, Tapaèla, Campasceua, Suatona, Giloca, Purgrèna, Bionda, Buscascia, Zupèta, Peciona, Mucina, Slambroza, Peluia, Stria, Cardenzona, Marneta.
Per parecchio tempo dal Pasturèl tutto precedette d’incanto meraviglia. Le confusioni e tutti gli inconvenienti spariti. Senonchè, un bel giorno capitarono in fabbrica due ispettori governativi che parlavano in “sai” e non capivano una sola parola in bustocco. Visto che i nomi segnati sui registri non corrispondevano a quelli delle buste paga fecero succedere un pandemonio, minacciando la galera. Ci volle l’intervento del Sindaco (1896 - 1902) Pietro Tosi, del Prevosto (1872 – 1901) Giuseppe Tettamanti e del Prefetto per far capire la ragione ai due furibondi ispettori, i quali si erano ficcati nella testa che esisteva una grave violazione della legge.
A proposito di omonimie, al sottoscritto ne è capitata una molto curiosa.
Un giorno si vide recapitare una ingiunzione di pagamento di spese di giustizia, per essere stato condannato a Casteggio per ubriachezza molesta ! E ci vollero tre anni di tempo per chiarire che si trattava di omonimia.
Tutti possono sbagliare, ma quelli del gas, della luce, dell’acqua, potabile non sbagliano.
E non sbaglia l’esattore, il quale ti sussurra continuamente all’orecchio “ricordati fratello che devi morire”. “E prima di morire paga le tasse”.
Egli è che le tasse si pagano anche dopo morti. E un povero tapino deve lavorare tutta la vita per provvedere ai suoi funerali.
Alle donne vennero appioppati questi altri nomignoli.
Spurgenza, Panscieta, Ciapona, Chichina mustasa, Pulpeta, Garascieua, Lapèta, Ugiona, Zimèla, Tapaèla, Campasceua, Suatona, Giloca, Purgrèna, Bionda, Buscascia, Zupèta, Peciona, Mucina, Slambroza, Peluia, Stria, Cardenzona, Marneta.
Per parecchio tempo dal Pasturèl tutto precedette d’incanto meraviglia. Le confusioni e tutti gli inconvenienti spariti. Senonchè, un bel giorno capitarono in fabbrica due ispettori governativi che parlavano in “sai” e non capivano una sola parola in bustocco. Visto che i nomi segnati sui registri non corrispondevano a quelli delle buste paga fecero succedere un pandemonio, minacciando la galera. Ci volle l’intervento del Sindaco (1896 - 1902) Pietro Tosi, del Prevosto (1872 – 1901) Giuseppe Tettamanti e del Prefetto per far capire la ragione ai due furibondi ispettori, i quali si erano ficcati nella testa che esisteva una grave violazione della legge.
A proposito di omonimie, al sottoscritto ne è capitata una molto curiosa.
Un giorno si vide recapitare una ingiunzione di pagamento di spese di giustizia, per essere stato condannato a Casteggio per ubriachezza molesta ! E ci vollero tre anni di tempo per chiarire che si trattava di omonimia.
Tutti possono sbagliare, ma quelli del gas, della luce, dell’acqua, potabile non sbagliano.
E non sbaglia l’esattore, il quale ti sussurra continuamente all’orecchio “ricordati fratello che devi morire”. “E prima di morire paga le tasse”.
Egli è che le tasse si pagano anche dopo morti. E un povero tapino deve lavorare tutta la vita per provvedere ai suoi funerali.
Carlo Azimonti