MODI DI DIRE



Alcune espressioni gergali


Tüti i egénti gha tègnan ai dané. I soldi piacciono a tutti.
Largu da bùca e strenciu da màn. Chi parla tanto, ma quando deve tirare fuori i soldi….
Milavolcenvoltasindré. “tanto tempo fa, molti anni addietro”.
L’avaro, il tirchio era definito con svariate espressioni, tra cui :
Tacá su.
Piögiu.
Anche con le varianti piögiu quarantön e piögiu da a crusi russa.
Stìtigu
.

Uno che aveva avuto un’idea fortunata e fatto molti soldi : l’èa truá ul asnèn cagazichèn.
L’asinello defecante zecchini d’oro a comando fa parte della categoria delle creature e degli oggetti magici e dispensatori di favori e fortuna. Come l’Unicorno e la lampada di Aladino.

La diffusione dei mass media come le riviste illustrate ed il cinema portarono nuove conoscenze anche di animali prima noti solo alle persone istruite. Fu allora che un individuo tarchiato e muscoloso divenne un “gurilòtu” . Prima, ogni varietà di primate era genericamente “un scimiòtu”. Anche se alieno, lo si sarebbe potuto vedere in qualche fiera di paese oppure, più tardi, al “circul equestri”.

Analogamente, una donna che fosse alta di statura, poco aggraziata e non molto carina diventava un “drumedái da cumbatiméntu”. Forse dopo la guerra di Libia del 1911.
Il vanaglorioso era uno che “al fasèa ul balènna”
Non dovrebbe mai essere esistito il termine “cocudrìlu”.

Quando uno straniero di colore non riusciva ad integrarsi nel lavoro o nella società il consiglio era : “va a cá tua a drizzá i banán”.
Per vantare il proprio grado di civilizzazione e benessere economico : “càn ti ta si netéi ul cu in daa piána cunt’i föi da muòn, men a lu fèu giá in da ‘a taza da marmu !”. Il WC al posto del cesso “alla turca” era simbolo di agiatezza.
Un cappotto o giaccone un po’ troppo corto era un “caghinpè”.

Un giusto omaggio alle opportunità offerte da Busto a chi volesse giungervi per lavorare veramente era il detto : “a la staziòn da Busti gh’in i luganeghiti tacái su. Chèi chi i rivan i ván via pu !”

Il disappunto dei Sinaghini nel sentirsi sottomessi amministrativamente a Busto e forse anche un poco sfruttati era : "Nögn da Sinágu a gratam ul furmái, e a Busti lu mangian !” (da leggersi con la “a” dal suono simile a “ö”)

Razzismo : "fanigutòn d’ul tácu". Fannullone del tacco (dello Stivale d’Italia).
Anche: "fanigutòn da a’ Terapipa" (meridione, dove l’unica industria era la produzione di pipe d’argilla).
“I vegnan chì che cunt’una furzelináa ti ghi trai’gná tuscossi, e dopu n’pò in lùr i padròn”. Arrivano a Busto in miseria (con una forchettata puoi raccogliere tutte le loro masserizie) a dopo un po’ di tempo pretendono di essere loro a comandare.

Una persona colta era “vön c’al sa i robi vòlti” oppure: ”istruì fin aa patèla”.

Carlo Solbiati