Angelo Borri 1919- 2001
Figlio di Gaspare e Giuseppina Borri, nsce in via Buonarroti al numero 8, in un ampio cortile, nel 1919.
" Il Sindaco Buono " Angelo Borri, classe 1919, segretario della Democrazia Cristiana nel 1975/76, Assessore al Comune di Busto Arsizio sin dalla prima elezione nel 1964 e successivamente Sindaco dal 1979 al 1985 è deceduto nell'agosto del 2001.
Fondatore e presidente della società sportiva ARDOR, giornalista attento ad ogni evento sportivo bustese sulle pagine del TIGROTTO nonchè tifoso eccellente della Pro Patria con l’appellativo di BAFFO.
Uomo umile, buono, sempre disponibile verso i bisognosi venne definito: "un uomo che non ha mai chiesto niente ed ha dato molto".
Fu uomo dal portamento mite ma non debole: seppe reggere impatti della politica e dell'imprenditoria con fierezza ma mai nell'arroganza. Preferiva ragionare e non fare la guerra
In comune teneva le porte aperte a tutti.
Era uomo di grande fede, strettamente legato alla sua parrocchia, Sant'Edoardo, all'azione cattolica. Quando tornerà da una missione a Parigi, risponderà a chi gli chiedeva cosa più glli fosse piaciuto: "confessarmi in francese".
Conosceva Inglese Francese e Tedesco.
Servì in guerra col grado di sergente, poi, sposatosi nel luglio del 43 con Bice, si rifugerà in Svizzera ove conoscerà personalmente e collaborerà con Amintore Fanfani.
Sportivo autentico, tifoso per eccellenza della Pro Patria, è stato anche giornalista impegnato nel "Tigrotto" settimanale degli anni '50 che si occupava in primis della Pro Patria non trascurando altre discipline sportive.
Da assessore allo sport, diede impulso, per a prima volta nella città, alle "settimane bianche" per gli scolari, tradizione che è rimasta viva senza sluzione di continuità fino alla pandemia del 2020.
" IL BAFFO " Era uno dei capi di quei tifosi che alla domenica mattina avena sempre qualche cosa da fare; poi buttavano giù qualche boccone in fretta e furia, "disfacevano la barba", si buttavano addosso "il borghese" quello buono e poi via di corsa allo stadio.
IL BAFFO partiva verso le 12,30 con l’amata Bice - che era milanese, conosciuta in tempo di guerra quale "madrina" dei soldati, secondo una abitudine dei tempi - armato di bandierone bianco e blu ampio a dismisura dalla zona dell’Ospedale per andare allo stadio ed incitare i Tigrotti. Si posizionava nei popolari centrali, frammischiato ai tifosi che arrivavano allo stadio in fretta e furia perché, a quei tempi, molta gente lavorava anche la domenica mattina.
Mani ruvide e vigorose, aduse a piegare il ferro, tirare la lima e spaccare la ghisa, allorquando tifosi di parte avversa alzavano il tiro oltre misura, venivano riportati prontamente al loro alveo naturale a suon di cazzotti micidiali.
Oltre 7000 erano di media gli spettatori e la gran parte nei "popolari", e allorquando il ritmo della gara calava e dalla parte nobile della tifoseria (tribune ) partivano sbuffi e disapprovazioni dall'altra parte saltava su imperioso IL BAFFO ed a suon di FOR-ZA PRO PATRIA - FOR-ZA PROPATRIA coinvolgeva l'intero settore in una bolgia indescrivibile di sussulti ed incitazioni, riuscendo il più delle volte a capovolgere le sorti della gara.
Angelo Borri ed il Card. Martini
A Busto pagarono il dazio senza sconti le pur blasonate Inter, Milan e Juventus.
Entrò per caso a far parte della famiglia del "TIGROTTO"; si diede da fare con successo ed il direttore Adamo Cocco gli riservò uno spazio "L'ANGOLO DI BAFFO". Tenne la rubrica con arguzia ed ironia prettamente bustocche sino al termine delle pubblicazioni (1954).
. Nel 1950 era prevista la visita a Busto dell'Inter ed un cronista milanese scrisse
"verremo a Busto e vi insegneremo come si fa; noi abbiamo il Duomo, il Motta, i tram e fra poco la metropolitana...abbiamo uno squadrone pluridecorato". Il Baffo ribattè
"Non saremo in diecimila...ma moltiplicheremo le nostre forze...i nostri polmoni sono più forti dei vostri, non abbiamo il Duomo ma abbiamo la Madonna dell'Aiuto, non avremo la Metropolitana ma a Busto in pochi vanno a piedi. Abbiamo una squadretta e per di più acciaccata, ma Davide mise a terra Golia. Apriremo il rubinetto della nostra grande passione e sarà come lo sprizzo di mille fiamme ossidriche; nessuno riuscirà ad imprigionarlo".
L'Inter venne messa sotto seccamemente per 2 a 0.
Un tifoso gli chiese di chiarire la definizione di Tigrotto (riferito ai calciatori della Pro Patria) e rispose:
"ce ne sono di due tipi.. uno perchè veste la maglia bianco blu ed alla fine della stagione cambia società, l'altro il 'duro a morire' duellante sino all'ultimo respiro oppure dotato di gran forza di volontà sopperente a lacune tecniche".
Difese a spada tratta l’operato del presidente Peppino Cerana nel corso dell’Assemblea dei soci nel 1950, perché inviso ad una lieve fascia di contestatori, in quanto dittatoriale. Come da sua carattere, mediò cercando di far capire che per tirare avanti la baracca necessitavano contanti e non fichi secchi.
Dimessosi Peppino Cerana nel ’52 per fine mandato, la Pro Patria lasciò definitivamente, sino ad oggi, la serie A ed iniziò un lento periodo di retrocessioni e decadenza.
Un paio d’anni prima del suo decesso lo incontrai all’uscita della messa serale in Sant’Edoardo. Un sorriso ed un forte abbraccio. Gli sussurrai che erano in corso i festaggiamenti per gli 80 anni della Pro Patria . Gli scapparono un paio di lucciconi agli occhi.
Andai alle otto di sera ed era già pronto in cima alle scale, felice e raggiante. Entrammo al Sociale in mezzo alla folla calcante che non si era mai dimenticata DUL BAFFU.
Ci sedemmo in terza fila, un po’ defilati. Se ne accorse per primo Lello Antoniotti e poi via tutti gli altri. Strette di mano affettuose, tanti riconoscimenti..sinceri.
Lo riportai a casa. Era commosso, felice, contento di aver passato una serata in mezzo alla gente festante, di aver attenuato qualche amarezza di troppo.
Venne con me al Teatro Sociale in occasione dei festeggiamenti per gli 80 anni della Pro Patria. Raggiante, felice; l'abbraccio con Antoniotti, Turconi ed altri commovente. Qualche lacrima e tanta contentezza.
Un uomo vero, uno sportivo ma soprattutto un galantuomo.
La associazione commercianti di Busto poco prima della sua scomparsa lo premiò come 'uomo del secolo' per Busto.
Basato su scritto di Giorgio Giacomelli
con integrazioni storiche di Enrico Candiani