Ipotesi sulla autenticità di San Cirillo Martire

A Sacconago si custodiscono dei resti attribuiti a San Cirillo martire, giunti qui nel 1678.
Stando agli atti postumi, del secolo successivo, ed in particolare alle visite svolte dal Vescovo Repossi e poi da Pozzobonelli, risulterebbe che nel 1677 venisse redatto un atto pubblico di ricognizione e dichiarazione di autenticità di detta salma come presumibilmente proveniente dal cimitero romano di San Callisto sulla via Appia in Roma. Si tratterebbe di un soldato imperiale che, durante le torture inflitte a santa Anastasia vergine, avrebbe ripetutamente offerto acqua a quest'ultima, venendo così scoperto a propria volta cristiano e dunque giustiziato.
Va da subito premesso che non esistono fonti storiche dell'epoca che attestino la sussistenza del martirio di questa santa Anastasia e meno ancora della sussistenza del soldato Cirillo che avrebe compiuto il gesto in questione.
Attualmente, il 'nostro' san Cirillo non viene più indicato in alcun libro ufficiale della chiesa cattolica, che pure menziona moltissimi altri 'Cirillo' oltre al notissimo Cirillo evangelizzatore degli slavi: c'è un dottore della Chiesa (Cirillo di Alessandria, V secolo), uno martire in Antiochia, un fanciullo martire a Cesarea, un Cirillo Alessandrino martire Ivi, un martire di Costantinopoli di cui si dubita seriamente l'esistenza, un martire diacono di Eliopoli (Siria), Cirillo di Gerusalemme, dottore della chiesa (IV secolo), un altro martire di Gerusalemme, un Cirillo che il vescovo vice-reggente di Roma (Alessandro Vitticci di Alatri) inviò nel 1650 (periodo analogo a quello che qui interessa), al monastero di San Lamberto in Stiria, il cui corpo sarebbe stato estratto dal cimitero di Calepodio sulla via Aurelia, ed affidati alla chiesa della Beata Vergine in cella. Si prosegue con un Cirillo martire ad Axiopoli, uno martire in Giordania, il Cirillo vescovo di Antiochia nella seconda metà del III secolo. Poi il Cirillo vescovo di Turov, quello vescovo di Treviri, il beato Cirillo da Terni, quello martire a Sebaste, quello martire a Nicomedia; il vescovo di Gortina (Grecia).
Tutti questi santi "Cirillo", di cui alcuni di dubbia esistenza, sono citati nella monumentale opera "Bibliotheca Sanctorum", dell'istituto Giovanni XXIII della Pontificia Università Lateranense. Ivi non si fa alcun cenno al 'nostro' San Cirillo.
Troviamo citato il nostro San Cirillo, come detto, accanto a quello della vergine Anastasia (Tomo II dello storico Surio e tomo II dello storico Luigi Nisomeno), e nel libro dell'Abate Carlo Bartolomeo Piazza "Roma cristiana e Gentile", nel trattato del Card. Baronio sulle vite dei santi (Par. 357, che colloca l'episodio all'epoca dell'imperatore Galieno e in particolare colloca il martitio in Roma sulla via Lauticana).
Nel 1880, come afferma Augusto Zeroli in suo articolo del 3 luglio 1954, venne eseguita la revisione delel reliquie che furono dichiarate autentiche (non si sa sulla scorta di quele principio storico, però !).
Grandi dubbi sono sollevati proprio sulla stessa esistenza della santa 'principale' dell'episodio narrato, ossia Santa Anastasia, cui sarebbero stati amputati i seni durante la tortura.
Comunque sia, la moderna storiografia dei santi NON menziona affatto il nostro san Cirillo.
I dubbi sull'autenticità del santo martire in questione, e soprattutto sul fatto che quello custodito a Sacconago sia effettivamente il corpo di quel santo, sempre che sia esistito, sono rafforzati da un altro importante elemento.
Singolarmente, tutti i documenti che dovrebbero certificare l'autenticità del nostro San Cirillo sono andati perduti, sicchè dovremmo prestare fede alle testimonianze di oltre mezzo secolo dopo i fatti del 1677, testimonianze secondo cui, un tempo, detti documenti esistevano ma che sarebbero, appunto, andati perduti. All'occhio dello storico, quando si perdono ben due documenti di fila che dovrebbero certificare un fatto, si accende una forte lampadina di allarme sull'autenticità complessiva dei racconti.
Ma, a render ancor più dubbiosi sull'autenticità delle reliquie concorre il fatto che in quel di Cellio, a pochi chilometri da Varallo Sesia, esistono reliquie del 'nostro' san Cirillo Martire (ossia quello martirizzato assieme ad Anastasia). Dette reliquie provengono dalla diocesi di Novara e sono sostanzialmente coeve con quelle che, invece, giunsero a Sacconago provenienti dalla diocesi di Milano.
Al contrario delle reliquie di Sacconago, tuttavia, le reliquie di Cellio sarebbero munite di documentazione di certificazione proveniente dal vescovo di Novara del tempo, e di quei documenti - al contrario dei nostri - non sembra si debba dubitare l'esistenza.
Da un confronto con i documenti esistenti presso l’archivio parrocchiale, la vicenda può essere ricostruita con maggior precisione.
Il conte Giuseppe Leopoldo Gera di Milano donò i resti di Cirillo a don Giovanni Antonio Rosario, uno dei due sacerdoti del paese di Cellio; egli li aveva ottenuti da monsignor Giuseppe Cesare Aquilano, prefetto della Sacrestia Apostolica, che ne autenticò la provenienza dal cimitero di Ciriaca il 2 settembre 1675. Il 23 marzo dell’anno seguente 1676 presso la curia di Novara, venne compiuto il riconoscimento del contenuto della cassetta giunta da Roma, alla presenza del vicario generale don Leonardo Sirturo e dei canonici penitenzieri don Giuseppe Carelli e don Giorgio Bussi, convocati in qualità di testimoni. Un ultima ricognizione venne eseguita il 26 luglio successivo nella chiesa parrocchiale di Cellio, davanti al parroco di Castagnola don Carlo Antonio Giuliani, allora vicario foraneo di Valduggia, al viceparroco di Arlezze don Giovanni Antonio Milone, al cappellano di Tairano don Giacomo Galloni e a quello di Valmonfredo don Francesco Resegotti.
Per quanto riguarda la data del trasporto del corpo santo da Roma a Novara e poi a Cellio esistono - nelle fonti - delle discordanze: non è esatta quella del 1680, riportata nell’opera dello storico ottocentesco Lana. L’arrivo avvenne già nel 1676, come riferito sia dallo storico Ravelli sia dallo storico Manni.
Inoltre, il resoconto della visita pastorale del vescovo Visconti, compiuta il 18 ottobre di quell’anno, testimonia che già vi era nella chiesa la reliquia: è riportata, infatti, l’indicazione di far indorare la cornice dell’altare di San Cirillo. Una tale specifica dedicazione non può essere giustificata se non già dalla presenza del corpo santo, che viene ulteriormente confermata l’anno successivo in un inventario.


Ora, è evidente che non può esistere una doppia reliquia del medesimo martire (tanto più che si tratta di un corpo integrale), e quindi uno dei due è certamente falso.
Non sarò certamente io, Sinaghino di ferro, a dichiarare che sia il 'nostro' il falso in questione, ma certo la questione della mancanza di prove documentali gioca pesantemente a nostro sfavore.
Ciò premesso, non posso non concludere con una nota.
Supponiamo pure che falsi siano i resti che veneriamo da quasi tre secoli e mezzo !
Tuttavia, noi veneriamo un santo martire che, pur con i grossi dubbi che permangono sulla di lui reale esistenza, ha dimostrato, dando ascolto a molte preghiere di sinaghini di tutti i tempi, di avere comunque raccolto la benevolenza divina sul paese.
E dunque, se lo storico deve raggiungere la verità 'materiale', lo spirituale può dare per assodato che lo spirito divino ha ascoltato le preghiere rivolte a San Cirillo, esaudendo molte preci sinaghine nel secoli.
E, al fedele, tanto basta.

Enrico Candiani


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