La Romanizzazione del Ticino (di Luisa Vignati)
Attorno al VI secolo a. C. la civiltà etrusca tende ad espandersi verso nord portando alle genti lombarde là scrittura che costoro adattarono alla loro lingua indigena. Sono di questo periodo brevi iscrizioni su vasi e, più tardi, iscrizioni commemorative su pietra.
La presenza di questa civiltà nella nostra zona è documentata dai ritrovamenti di Busto Arsizio, Gallarate, Vergiate, Samarate.
Tito Livio narra che Ambicato re dei Biturgi (che occupavano il centro della Gallia, dove sorge l'attuale Bourges) manda i due figli di sua sorella alla conquista di nuove terre. Il primo si dirige verso la Boemia, mentre il secondo, Belloveso, penetra in Italia attraverso la valle della Dora Baltea e batte gli Etruschi sul Ticino proprio nel momento in cui i Romani si impadronivano di Veio. Quindi, nel IV sec. a. C. i Celto-Galli cominciano ad occupare la valle Padana portandovi la loro civiltà detta della seconda età del ferro.
Come scrive Polibio: "Nella regione vicina alle sorgenti del Po si stabilirono i lai e i lebeci, al di là di essi gli insubri, la massima popolazione celtica; più oltre, lungo il fiume, i cenomani". La zona a meridione del Po, vicina all'Appennino, era occupata prima dagli anamari, poi dai boi a est; quindi verso l'Adriatico stavano i lingoni: e ultimi, sul mare, i sènoni"
La valle del Ticino vedeva dunque gli insubri stanziati nella parte settentrionale, i salluvii a nord-ovest (come riferiscono Livio, V, 35, 2 e Plinio) ed infine i levi e marici ne1la parte meridionale.
I Celti erano alti di statura ed avevano biondi capelli che lavavano con acqua mista a gesso in modo da poterli pettinare all'indietro e verso l'alto; vestivano camicie colorate, calzoni e mantelli fissati con un fermaglio.
Durante le battaglie decapitavano i loro nemici ed i teschi venivano seccati al fuoco o immersi in olio di cedro.
Conducevano una vita molto semplice e si dedicavano all'agricoltura o all'allevamento; il patrimonio di ognuno consisteva in oro, bestiame e schiavi.
Abitavano in vici (villaggi) e da questi confluivano ai pagi (paesi) per l' amministrazione militare, l' organizzazione civile ed il culto religioso. La religione dei pagi in seguito sarà detta pagana.
Un richiamo alla presenza celto-gallica si ritrova anche in alcuni vocaboli celtici che, passati attraverso il latino, sono arrivati sino a noi. Galliate, Galizia, Gallarate, sono di chiara derivazione celtica. L' esistenza di popolazioni galliche stanziate negli estesi boschi di rovere , lungo il Ticino, dopo essere penetrate dal nord seguendo il corso del fiume, viene documentata dai ritrovamenti, la maggior parte dei quali è conservata nel Museo Archeologico della Società Gallaratese di Studi Patri, nel Museo Archeologico di Arsago Seprio, nel Museo Civico G. Sutermeister di Legnano ed infine nel Museo Archeologico di Milano.
Tra la I e la Il guerra punica, dopo cinque secoli dalla fondazione di Roma, venne portata a termine la conquista dell'Italia settentrionale allorché i Romani debellarono i popoli gallici che, riuniti in una potente coalizione formata da oltre 20.000 cavalieri e 50.000 fanti appartenenti alle tribù degli insubri, dei boi, dei taurisci (celti della zona alpina) e dei gesati (mercenari attirati dalla speranza di partecipare alla spartizione del bottino conquistato), si mossero a sud verso Roma seminando il terrore. Luisa Vignati Palman
1) In località Scanscieu, a Castelletto di Cuggiono, furono ritrovati anellini, fibule a sanguisuga, ed altri bronzi gallici.
2) Alla Gallizia, località situata tra Induno e Cuggiono, furono recuperati: "i cocci di due vasi fittili, di diversissima fattura. " In uno dei due vasi cinerari "era contenuta la metà di un coltellone in bronzo che era stato spezzato all' atto della sepoltura
Il rito di spezzare gli attrezzi personali del defunto ha dunque conferma anche nel periodo Celto-gallico cui questa sepoltura senz' altro appartiene" .
3) Oralmente sono state tramandate notizie su ritrovamenti appartenenti ad una necropoli celtica in località Padregnano.
4) A Gallarate fu scoperta una tomba gallica del I sec. a. C. contenente fittili e bronzi.
5) Ad Arsago Seprio fu trovata una necropoli celtica che diede parecchie armi ( spade, puntali, coltelli) nonchè fittili, anelli, fibule e cesoie per la tosatura.
6) A Somma Lombardo venne segnalata la scoperta di numerose tombe galliche.
7) A Ozzero nel 1919 furono trovati reperti attribuibili ad una necropoli celtica nonché un tesoretto composto da monete d'argento del tipo massaliota.
8) A Legnano, in Via Sempione, furono trovati anelli, varie fibule, un anello scendipetto, tintinnabuli, un collare o braccialetto, una armilla ed altri bronzi.
Durante gli scavi sotto il Museo Civico vennero alla luce altri reperti tipicamente gallici: fibule a navicella e a sanguisuga, anelloni, aghi, pendenti, un bicchiere, tintinnabuli, una lucertola bronzea usata come ornamento di cintura, una pinzetta depilatoria, lievi frammenti di una catenina d'argento e altri bronzi.
9) A Pontevecchio di Magenta fu scoperta una tomba gallica con corredo fittile e metallico.
10) A Legnano venne portato alla luce un ripostiglio contenente anche dramme padane di tipo pedemontano (prevalentemente insubre).
11) A Golasecca fu recuperato uno statere aureo dei boi e dramme di tipo massaliota.
12) A Castano la presenza dei Celti è testimoniata dal toponimo mara dato ad una località a nord della cascina Saronna. Il nome mara è celtico e vuol dire acquitrino, palude. Anche il toponimo paginaco di una imprecisata località in territorio castanese ritrovata negli atti notarili è di origine celtica, sia perché richiama l' organizzazione gallica (pagi) , sia per il suffisso in aco che è di derivazione celtica.
13) A Corbetta viene conservata una iscrizione votiva alle Matrone.
Trascrizione: SANCTIS MA TR / ONIS VCELLAS / ICIS CONCANA / UNIS NOVELL / VS MARCIANV / RIMVLI FILIV / VOTUM MAS / VONNUM MATRONIS / V.S.L.M.
Traduzione: Alle Sante Matrone / "Ucellasicis Concanaunis" Novello Marcianus / figlio di Primulo / vivo offrì in voto / toccando con mano l' ara sacra / sciogliendo così il suo Voto / volentieri e meritatamente.
Questa iscrizione è particolarmente importante perche riporta due termini che, pur essendo
scritti in caratteri latini, appartengono alla lingua celtica.
Viene così attestata l'esistenza del culto ad una triade di dee, dai Romani chiamate Matres o Matronae adorate nelle foreste o presso i corsi d' acqua e ritenute protettrici della fecondità della natura; venivano loro tributati sommi onori; compresi i sacrifici umani.
Nel 222 a. C. a Clastidium, sede dei granai dell'esercito romano, il console M. Claudio Marcello riportò la vittoria decisiva ed uccise in duello il sovrano gallico Virdumaro.
Ne1 219-218 a. C. Annibale prese contatto con i principi boi che favorirono la sua marcia attraverso le Alpi e lo sostennero nella lotta contro i Romani; dopo la battaglia del Ticino ed il ripiegamento di P. Cornelio Scipione su Piacenza anche gli insubri si unirono all'esercito cartaginese.
In seguito alla rivolta gallica diretta soprattutto contro le colonie romane di Piacenza e Cremona, i Romani sconfissero definitivamente tali popolazioni attaccando una sede celtica dopo l'altra e stipularono con esse dei foedera, cioè dei trattati di alleanza (con i cenomani nel 197 a. C., con gli insubri nel 194 a. C., con i boi nel 191 a. C.).
Data la mancanza o la frammentarietà delle fonti, è difficile comprendere il contenuto di tali foedera; secondo una valutazione tradizionale i Romani preferirono imporre a tali popolazioni considerate lontane dai propri interessi immediati un "foedus aequum", rinunciando alla dominazione diretta con deduzione di colonie di tipo militare o la incorporazione.
Si ritiene che tali accordi garantissero sia l'integrità del territorio, libero da ingerenze dirette dello Stato, sia la sovranità delle civitates foederatae( transpadane; probabilmente comprende- vano la reciproca assistenza con conseguente obbligo degli auxilia.
Alla fine del II sec. a. C. a sud del Po la romanizzazione è in atto. Qui i Romani vincitori decidono di confiscare le terre e di insediarvi delle loro colonie. A nord, invece, preferiscono stipulare con i Celti una serie di Trattati che lasciano l'autonomia ai vinti. Ciò è documentato anche dalla mancanza di rete viaria nel territorio dell' Insubria in questo periodo. Questo fa pensare che la romanizzazione dell'Insubria sia avvenuta attraverso gli auxilia,
cioè il servizio militare ha rappresentato il veicolo della romanizzazione: i soldati che i Galli dovevano fornire ai Romani quando tornavano a casa portavano i soldi ma anche cultura. Similmente si può arguire che le èlite delle comunità galliche si inseriscono nel modo di pensare romano, anche perchè le loro posizioni di privilegio erano garantite dai trattati con Roma ed è quindi pensabile ad un adeguamento delle istituzioni indigene con quelle romane. Possiamo quindi dire che la penetrazione della cultura romana precede la romanizzazione giuridico-istituzionale.
Per quanto riguarda il territorio possiamo notare che nell'Insubria non è mai esistita la piccola proprietà. Il passaggio dalla forma di organizzazione feudale celtica alla grande organizzazione latifondista romana avviene in modo naturale. Il fenomeno della centuriazione, che ha radicalmente cambiato tutto il paesaggio della nostra zona, è un fenomeno tardo (43 a. C.). La grande proprietà celtica diventa quindi la grande proprietà romana e i giovani delle oligarchie locali vanno a studiare a Roma (Catullo, Virgilio).
Il foedus stipulato con gli Insubri appare improntato a maggior durezza rispetto ad altri (cenomani ed helvetii), ma nelle fonti mancano notizie di sanzioni molto severe nei loro confronti e certamente tale popolazione non subì la sorte dei boi, che videro saccheggi, decimazioni e confische di larga parte del loro territorio.
I Romani non distrussero completamente l'elemento celtico; nelle campagne si continuò a parlare la lingua locale nonche a mantenere le proprie tradizioni e culti (ricordiamo le iscrizioni votive alle Matrone ritrovate ad Angera, Rosate e Corbetta oltre alle varie are dedicate a Mercurio, come quella recentemente ritrovata a Mesero. Esse rappresentano la più diffusa nterpretazione della massima divinità celtica, forse Lug o Teutate).
Tale civiltà si presenta già in declino quando nell'89 a. C. alle civitates foederatae transpadane fu concesso lo Ius Latii, probabilmente attraverso la Lex Pompeia de Transpadanis, che beneficia i capi celtici di quei vantaggi personali che erano da sempre appannaggio dei Latini e rappresenta quindi un tentativo di Roma di legare a se le classi dirigenti locali della Transpadana.
Poco si sa sia di tale legge sia del suo contenuto, ma quasi sicuramente comprendeva: connubium, forse ius migrandi, suffragium (nel senso che i Latini presenti in Roma il giorno delle votazioni potessero votare), infine lo ius adipiscendae civitatis per magistratum per cui coloro che avessero rivestito una magistratura acquistavano la cittadinanza per se e per i propri familiari e commercium (cioè tali comunità potevano validamente costituire negozi giuridici patrimoniali con Roma ed i Romani).
Data importante per i Transpadani fu il 49 a. C., anno che vide la concessione della civitas (ossia la cittadinanza Romana) a tali popolazioni.
Precedentemente, nel 59 a. C., Giulio Cesare, attraverso la Lex Vatinia de provincia Caesaris (proposta dal tribuno della plebe P. Vatinio) era riuscito a farsi assegnare il proconsolato della Gallia Cisalpina, dell'Illirico, della Gallia Narbonese con ben quattro legioni a sua disposizione.
Nonostante le promesse di concessione della cittadinanza preferì poi di fatto continuare la tradizionale politica romana, probabilmente per non perdere l'appoggio della società romana.
D'altra parte egli aveva il favore della aristocrazia locale, che già era in possesso della civitas acquistata mediante lo ius adipiscendae civitatis per magistratum; tali maggiorenti garantivano la fedeltà degli indigeni, la possibilità di arruolare giovani nelle legioni e potevano recarsi a Roma nel giorno delle votazioni.
Tuttavia nel 49 a. C., mediante una legge il cui nome è ancora oggi controverso - Lex Roscia, Lex Iulia, Lex Rubria, - a tutti i Transapadani fu concessa la tanto desiderata civitas romana.