Tratto da: Giornate Bustocche
— Io ti dico che dopo la festa ci vuole un giorno di riposo. Se io faccio festa non riposo, perchè anche a divertirsi si fa fatica. Per contro, se riposo non posso far festa. È logico, quindi, che dopo un giorno di festa e di strapazzi riposi il lunedì.
— Ed io ti rispondo che il problema è un altro. Si è sbagliato, fin dall'inizio, da quelli che hanno formato la settimana. Se, invece di fissare sei giorni di lavoro e uno di festa, fissavano sei giorni di festa e uno di lavoro, in quest'ultimo giorno io facevo il lunedì e non ci pensavo più.
Ziaca, che dormigliava con la testa appoggiata al tavolo, svegliato da questo dialogo, si alzò di scatto e investì i due con un diluvio di improperi e di insulti.
— Voi siete lazzaroni e vagabondi meritevoli della verga. Se fossi il vostro padrone a quest'ora vi avrei cresimati colla mano dell'orso. Siete dei disutili al mondo. Vergogna, a fare il lunedì !
— O Ziàca, e tu, che fai in giro in questo giorno, se non quello che facciamo noi ? E ci vieni a far la predica. Da che pulpito ! Tieni l'onore a casa tua...
— Se continuate di questo tono vi fracasso la testa. Tanto è vuota e ci vuol poco. Bestioni che siete ! Ah, voi volete mettervi a mio pari, scimmiotti ! Intanto io non faccio il lunedì: ma anche il martedì e, se mi garba, pure il mercoledì. Ma è un'altra faccenda. Io lavoro al telaio a mano e incomincio la giornata quando mi pare e la termino quando mi piace. Non c'è bisogno per muovere la mia macchina nè di fuochista, nè di motore, nè di trasmissione. La mia testa, le mie braccia e le mie gambe bastano a tutto. Venite a vedere che tovaglie vengon giù dal mio telaio. Perfette, senza una barratura. Mentre io guardo il disegno e una mano tira la manetta per muovere le spole e l'altra batte i colpi di cassa, i piedi suonano il piano di sedici calcoli. E voi cosa fate accanto alla macchina ? Un minuto di lavoro e dieci il lazzarone ! Se mai è la macchina che ha diritto di fare il lunedì. E poi volete parlare... Chi non ha bisogno della macchina può permettersi il lusso di far quello che vuole. Voi invece avete bisogno della macchina e senza di essa non siete buoni a nulla. Siete degli schiavi e, da quello che consta, agli schiavi non è mai stato concesso di fare il lunedì. Basta, o incomincio a menar le mani...
I due non fiatarono, perchè Ziàca era un gigante e bastava che fosse cascato loro addosso per seppellirli.
Intervenne bonariamente la padrona del negozio:
— Ma voi Ziàca, che siete un gran bravo operaio, avete il difetto di lasciarvi andare un po' troppo dal vino...
— Ecco ! La conosco la vostra tiritera ! Ripartire il vino di tre giorni per l'intera settimana ! Un colossale errore. Cara signora Maddalena, voi vendete il vino, ma non sapete come va consumato dagli operai che sanno il loro dovere. Quando si lavora non bisogna bere assolutamente, neanche un grappino, neanche un goccio di vino. Pane e acqua durante il giorno e la minestra la sera. Se uno incomincia a bere, anche solo un bicchiere, gli si confondono i disegni, commette qualche errore, si mette a bestemmiare, poi ne beve un altro bicchiere ed è finita. Operaio che il padrone ha convenienza di licenziare subito. Bisogna saper distinguere, la mia signora Maddalena, separare il lavoro dal bere. Quando si lavora non si beve e quando si beve non si lavora. Questo è il vangelo dell'operaio che ha coscienza e vuoi fare le cose per bene.
— E se il padrone ha bisogno del lavoro d'urgenza...
— Qui vi volevo ! Il padrone non deve mai accettare i lavori d'urgenza, se no il cliente si vizia. Quando le tovaglie sono fatte e pronte in magazzino la gente può comperarle fin che ce n'è. Se no, aspetti ! La tovaglia non è come il pane. lo che ne fabbrico da trent'anni non ne ho mai fatto uso in casa mia, perchè non è indispensabile. E poi è sempre meglio farla desiderare la merce...
— Valla a contare al nostro padrone — interruppe uno della comitiva — al nostro padrone, che ha delle consegne obbligate da fare, se no son multe...
— Prima di tutto, invece di parlare, tu avresti fatto meglio ad andare a lavorare, se il tuo padrone ha delle consegne obbligate e se il padrone ti preme. In secondo luogo, ve l'ho già detto che voi che lavorate alle macchine siete degli schiavi. Il padrone non può accendere la caldaia e poi lasciar le macchine ferme. Fallirebbe subito. Deve quindi correre alla ricerca delle commissioni e sottostare alle esigenze del cliente. E accettare anche gli ordini di premura. Il mio padrone, invece, che non ha macchine, non ha bisogno di andare a cercare i clienti. I clienti vanno a cercar lui e tante volte vengono addirittura a cercar me.
— Ziàca, me le fai per il tal giorno le tovaglie ? — Se io dico di sì, ci può contare, a costo di lavorare giorno e notte per quindici giorni di seguito. Così si deve fare.
Con Ziàca non c'era molto da discutere. Le sue erano di quelle sentenze che non ammettono appello. Tuttavia la signora Maddalena, sempre con gran garbo, azzardò di nuovo:
- Ma a furia di bere per delle giornate intere vi rovinerete la salute. Qualche giorno il vino vi metterà a terra.
— Mettermi a terra ! Uno contro uno, non ho mai avuto paura di nessuno. E il vino, in fin dei conti, è uno anche lui. E poi preserva dalle malattie. Se è capace di atterrare gli uomini (io no, beninteso), tanto più facilmente atterrerà gli « insetti » che vanno giù per la gola e ti imbrattano lo stomaco. Molto semplice.
Il discorso ebbe fine con una risata collettiva.
Chi non conosceva Ziàca ? Un operaio che tutti i tessitori a mano di articoli operati l'avrebbero voluto alle loro dipendenze. In quattro giorni la settimana (perchè non ne lavorava più di tanti: i restanti tre giorni erano destinati al culto di Bacco) produceva per dieci.
— Io ti dico che dopo la festa ci vuole un giorno di riposo. Se io faccio festa non riposo, perchè anche a divertirsi si fa fatica. Per contro, se riposo non posso far festa. È logico, quindi, che dopo un giorno di festa e di strapazzi riposi il lunedì.
— Ed io ti rispondo che il problema è un altro. Si è sbagliato, fin dall'inizio, da quelli che hanno formato la settimana. Se, invece di fissare sei giorni di lavoro e uno di festa, fissavano sei giorni di festa e uno di lavoro, in quest'ultimo giorno io facevo il lunedì e non ci pensavo più.
Ziaca, che dormigliava con la testa appoggiata al tavolo, svegliato da questo dialogo, si alzò di scatto e investì i due con un diluvio di improperi e di insulti.
— Voi siete lazzaroni e vagabondi meritevoli della verga. Se fossi il vostro padrone a quest'ora vi avrei cresimati colla mano dell'orso. Siete dei disutili al mondo. Vergogna, a fare il lunedì !
— O Ziàca, e tu, che fai in giro in questo giorno, se non quello che facciamo noi ? E ci vieni a far la predica. Da che pulpito ! Tieni l'onore a casa tua...
— Se continuate di questo tono vi fracasso la testa. Tanto è vuota e ci vuol poco. Bestioni che siete ! Ah, voi volete mettervi a mio pari, scimmiotti ! Intanto io non faccio il lunedì: ma anche il martedì e, se mi garba, pure il mercoledì. Ma è un'altra faccenda. Io lavoro al telaio a mano e incomincio la giornata quando mi pare e la termino quando mi piace. Non c'è bisogno per muovere la mia macchina nè di fuochista, nè di motore, nè di trasmissione. La mia testa, le mie braccia e le mie gambe bastano a tutto. Venite a vedere che tovaglie vengon giù dal mio telaio. Perfette, senza una barratura. Mentre io guardo il disegno e una mano tira la manetta per muovere le spole e l'altra batte i colpi di cassa, i piedi suonano il piano di sedici calcoli. E voi cosa fate accanto alla macchina ? Un minuto di lavoro e dieci il lazzarone ! Se mai è la macchina che ha diritto di fare il lunedì. E poi volete parlare... Chi non ha bisogno della macchina può permettersi il lusso di far quello che vuole. Voi invece avete bisogno della macchina e senza di essa non siete buoni a nulla. Siete degli schiavi e, da quello che consta, agli schiavi non è mai stato concesso di fare il lunedì. Basta, o incomincio a menar le mani...
I due non fiatarono, perchè Ziàca era un gigante e bastava che fosse cascato loro addosso per seppellirli.
Intervenne bonariamente la padrona del negozio:
— Ma voi Ziàca, che siete un gran bravo operaio, avete il difetto di lasciarvi andare un po' troppo dal vino...
— Ecco ! La conosco la vostra tiritera ! Ripartire il vino di tre giorni per l'intera settimana ! Un colossale errore. Cara signora Maddalena, voi vendete il vino, ma non sapete come va consumato dagli operai che sanno il loro dovere. Quando si lavora non bisogna bere assolutamente, neanche un grappino, neanche un goccio di vino. Pane e acqua durante il giorno e la minestra la sera. Se uno incomincia a bere, anche solo un bicchiere, gli si confondono i disegni, commette qualche errore, si mette a bestemmiare, poi ne beve un altro bicchiere ed è finita. Operaio che il padrone ha convenienza di licenziare subito. Bisogna saper distinguere, la mia signora Maddalena, separare il lavoro dal bere. Quando si lavora non si beve e quando si beve non si lavora. Questo è il vangelo dell'operaio che ha coscienza e vuoi fare le cose per bene.
— E se il padrone ha bisogno del lavoro d'urgenza...
— Qui vi volevo ! Il padrone non deve mai accettare i lavori d'urgenza, se no il cliente si vizia. Quando le tovaglie sono fatte e pronte in magazzino la gente può comperarle fin che ce n'è. Se no, aspetti ! La tovaglia non è come il pane. lo che ne fabbrico da trent'anni non ne ho mai fatto uso in casa mia, perchè non è indispensabile. E poi è sempre meglio farla desiderare la merce...
— Valla a contare al nostro padrone — interruppe uno della comitiva — al nostro padrone, che ha delle consegne obbligate da fare, se no son multe...
— Prima di tutto, invece di parlare, tu avresti fatto meglio ad andare a lavorare, se il tuo padrone ha delle consegne obbligate e se il padrone ti preme. In secondo luogo, ve l'ho già detto che voi che lavorate alle macchine siete degli schiavi. Il padrone non può accendere la caldaia e poi lasciar le macchine ferme. Fallirebbe subito. Deve quindi correre alla ricerca delle commissioni e sottostare alle esigenze del cliente. E accettare anche gli ordini di premura. Il mio padrone, invece, che non ha macchine, non ha bisogno di andare a cercare i clienti. I clienti vanno a cercar lui e tante volte vengono addirittura a cercar me.
— Ziàca, me le fai per il tal giorno le tovaglie ? — Se io dico di sì, ci può contare, a costo di lavorare giorno e notte per quindici giorni di seguito. Così si deve fare.
Con Ziàca non c'era molto da discutere. Le sue erano di quelle sentenze che non ammettono appello. Tuttavia la signora Maddalena, sempre con gran garbo, azzardò di nuovo:
- Ma a furia di bere per delle giornate intere vi rovinerete la salute. Qualche giorno il vino vi metterà a terra.
— Mettermi a terra ! Uno contro uno, non ho mai avuto paura di nessuno. E il vino, in fin dei conti, è uno anche lui. E poi preserva dalle malattie. Se è capace di atterrare gli uomini (io no, beninteso), tanto più facilmente atterrerà gli « insetti » che vanno giù per la gola e ti imbrattano lo stomaco. Molto semplice.
Il discorso ebbe fine con una risata collettiva.
Chi non conosceva Ziàca ? Un operaio che tutti i tessitori a mano di articoli operati l'avrebbero voluto alle loro dipendenze. In quattro giorni la settimana (perchè non ne lavorava più di tanti: i restanti tre giorni erano destinati al culto di Bacco) produceva per dieci.
Tanto bravo di lavorare quanto di bere. Era capace di incominciare a gironzolare per le bettole il sabato sera e continuare fino al martedì senza interruzione.
Di notte, chiusi i negozi, barcollava per la città. E, strano, contrariamente alla più parte degli ubriachi, generalmente non faceva baccano e non disturbava alcuno. Alla mattina presto era lì, davanti a qualche « baccalino » ad aspettar che aprisse.
Se il proprietario tardava, gli dava la sveglia:
— « che razza di esercenti siete ! I clienti son già alzati e voi dormite ancora : poltronacci ! ».
Una vigilia di Natale era uscito di casa per gli acquisti. Riempì regolarmente la cesta di roba mangereccia e di qualche fiasco di vino. Colla cesta sotto il braccio incominciò la visita agli altarini di Bacco. Naturalmente non tornò a casa.
A malapena un di lui figlio riescì a scovarlo in fondo a una bettola la sera di S. Silvestro. La cesta intatta, così come l'aveva inzeppata la settimana prima.
— Ma papà, non ti sei più neanche ricordato di Natale ?
— Natale ? Natale è quando si mangia. In questo cesto c'è da mangiare. Dunque, Natale è domani !
Ormai aveva raggiunta l'età della vecchiaia. Oltre sessant'anni. Lavorava sempre e sempre beveva, s'intende nei giorni in cui non lavorava. Una notte di neve e di gelo, per la contrada stretta e tetra, si udì urlare: — « Vigliacchi, mascalzoni, assassini : tre contro uno. Malvagi ! ».
Qualcuno si affacciò cautamente alla finestra. Ziàca era solo in mezzo alla strada e continuava a gridare:
— « Vigliacchi, tre contro uno, bel coraggio !».
— Che cosa vi è capitato, Ziàca ?
— Mi hanno conciato male questa volta. Tre contro uno : vino bianco, vino nero, la grappa. Ed io da solo. Come si fa a stare in piedi ?
La finestra si chiuse con un « andate all'inferno ! ».
La mattina seguente, il primo passante avvertì che ad un certo punto della strada la neve si era sciolta e si era formato un piccolo laghetto coperto di un leggero strato di ghiaccio. Sotto il ghiaccio qualche cosa di nero a forma di persona. Chiamò gente. Ziàca era stato assassinato dalla coalizione dei tre : vino bianco, vino nero, la grappa.
Carlo Azimonti
Per leggerne una versione in bustocco, andate qui
Di notte, chiusi i negozi, barcollava per la città. E, strano, contrariamente alla più parte degli ubriachi, generalmente non faceva baccano e non disturbava alcuno. Alla mattina presto era lì, davanti a qualche « baccalino » ad aspettar che aprisse.
Se il proprietario tardava, gli dava la sveglia:
— « che razza di esercenti siete ! I clienti son già alzati e voi dormite ancora : poltronacci ! ».
Una vigilia di Natale era uscito di casa per gli acquisti. Riempì regolarmente la cesta di roba mangereccia e di qualche fiasco di vino. Colla cesta sotto il braccio incominciò la visita agli altarini di Bacco. Naturalmente non tornò a casa.
A malapena un di lui figlio riescì a scovarlo in fondo a una bettola la sera di S. Silvestro. La cesta intatta, così come l'aveva inzeppata la settimana prima.
— Ma papà, non ti sei più neanche ricordato di Natale ?
— Natale ? Natale è quando si mangia. In questo cesto c'è da mangiare. Dunque, Natale è domani !
Ormai aveva raggiunta l'età della vecchiaia. Oltre sessant'anni. Lavorava sempre e sempre beveva, s'intende nei giorni in cui non lavorava. Una notte di neve e di gelo, per la contrada stretta e tetra, si udì urlare: — « Vigliacchi, mascalzoni, assassini : tre contro uno. Malvagi ! ».
Qualcuno si affacciò cautamente alla finestra. Ziàca era solo in mezzo alla strada e continuava a gridare:
— « Vigliacchi, tre contro uno, bel coraggio !».
— Che cosa vi è capitato, Ziàca ?
— Mi hanno conciato male questa volta. Tre contro uno : vino bianco, vino nero, la grappa. Ed io da solo. Come si fa a stare in piedi ?
La finestra si chiuse con un « andate all'inferno ! ».
La mattina seguente, il primo passante avvertì che ad un certo punto della strada la neve si era sciolta e si era formato un piccolo laghetto coperto di un leggero strato di ghiaccio. Sotto il ghiaccio qualche cosa di nero a forma di persona. Chiamò gente. Ziàca era stato assassinato dalla coalizione dei tre : vino bianco, vino nero, la grappa.
Carlo Azimonti
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